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Muhammad Taymur

Drammaturgo, narratore, poeta e critico letterario nato al Cairo, fratello del più famoso Mahmud Taymur (1894-1021). Precursore della cosiddetta “letteratura nazionale” e uno dei primi autori realisti, fu tra quegli intellettuali che ruotavano intorno alla rivista d’avanguardia «al-Sufùr» (Senza velo, fondata nel 1915), un’importante vetrina per nuovi scrittori e nuove idee dell’epoca. Taymur ha contribuito in maniera determinante all’affermazione del genere del racconto breve. Le sue novelle, veri e propri bozzetti di vita quotidiana egiziana, popolati da variegati personaggi di cui l’autore tratteggia le numerose debolezze e le rare virtù, sono raccolte in Quel che gli occhi vedono (Ma taràh al-‘uyùn, 1922). Tra le pièce, ricordiamo L’uccello in gabbia (al-‘Usfùr fì al-qafas, 1918) e al-Hàwiya (Il precipizio, 1921), quest’ultima sul flagello della droga.

 

Opere in italiano:

‘Abd as-Sattar Effendi
Traduzione di R. Rubinacci, in “Annali dell’Istituto Universitario Orientale di Napoli”, supplementi, 1960, pp. XVIII+182.

Pubblicato nel 1918, il lavoro teatrale presenta una famiglia della borghesia cairota il cui capofamiglia, ‘Abd as-Sattar Effendi, è tiranneggiato dal figlio fannullone. Al pari di tante opere del tempo, anche questa è una dura critica all’occidentalizzazione sfrenata e cieca che distruggeva ogni valore. Nel contempo l’autore  cerca di combattere le tradizioni arcaiche, molto radicate, nella società egiziana, come i matrimoni combinati.

Racconti apparsi in antologie:

Gratis ai poveri, Il fischietto della festa, In treno e Ramadàn al Caffè Matatia, in Narratori egiziani (a cura di F. Gabrieli), Milano, Garzanti, 1941, pp. 59-84.

 

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