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Salwa Bakr

Nata al Cairo, è una famosa autrice di romanzi e racconti. Orfana di padre ancor prima di nascere, nel 1972 si è laureata in Economia e Commercio, frequentando poi un corso di studi per diventare critico teatrale. Funzionario ministeriale per sei anni, durante la sua carriera ha soggiornato per lunghi periodi anche all’estero, prima in Libano, poi in Siria e infine a Cipro, dove è stata giornalista. Ha collaborato inoltre alla direzione della testata femminista «Hagar». Letterata dalla formazione e dagli interessi più svariati, ha subito il fascino della letteratura araba classica, in particolare delle Mille e una notte, ma anche della tradizione letteraria occidentale, dedicandosi, tra gli altri, alla lettura di Boccaccio e del suo Decamerone, e dei lavori teatrali di Luigi Pirandello, senza tuttavia trascurare le opere di Nagib Mahfuz (v.), Tawfìq al-Hakìm (v.) e Taha Husayn (v. Taha Husein). Ha pubblicato la sua prima raccolta di novelle, Zayna fì ginàzat al-ra’ìs (Zynat al funerale del Presidente), nel 1985. Tra le sue pubblicazioni si ricordano: al-Rùh allatì suriqat tadrigiyyan (Lo spirito che è stato gradualmente sottratto, 1989), Wasf al-bulbul (La descrizione dell’usignolo, 1993), Layl wa nahàr (Notte e giorno, 1997) e Sawàqì al-waqt (Il flusso del tempo, 2003).      

La leggenda di Atiya
Traduzione di M. Avino e A. Barbaro, Postfazione di M. Avino, Roma, Jouvence, 2006, pp. 125.
Titolo originale: Maqàm ‘Atiyya (lett.: La tomba di ‘Atiyya, 1986).

È un romanzo breve la cui trama si snoda attraverso l’indagine condotta da una giornalista sull’oscura scomparsa di Atiya, personaggio femminile carismatico ma al contempo misterioso, le cui vicende vengono narrate attraverso i differenti punti di vista dei suoi conoscenti interpellati per risolvere il mistero della sua morte. Alla traduzione italiana sono aggiunti inoltre tre racconti, nei quali, come avvenuto per il romanzo appena citato, l’autrice si concentra su personaggi che spesso sono sconfitti e succubi delle circostanze, ma mai ipocriti e per questo relegati ai margini della società. Di solito, nelle sue opere, a narrare è una voce femminile. Del resto, fondamentale può dirsi il binomio donna-letteratura caratteristico della sua produzione. Se la donna di Salwa Bakr vuol essere protagonista, far sentire la propria voce nell’Egitto contemporaneo, la letteratura è lo strumento attraverso il quale il paese potrà ritornare alla grandezza passata. Sottolinea M. Avino: “Quello di Salwa Bakr è un grido in difesa della donna perché raggiunga infine la sua libertà. Tuttavia, se il presente è ancora denso di ombre, i personaggi femminili dei suoi romanzi e racconti sembrano essere investiti di una missione di speranza, soprattutto perché queste figure femminili sono incapaci, qualsiasi cosa accada, di adattarsi alla disgrazia, sicché con la loro forza e il loro coraggio sembrano preannunciare un futuro nuovo, in cui saranno sicuramente protagoniste insieme agli uomini” (dalla Postfazione, p. 123). 

Racconti presenti in antologie:

Il telecomando, in Parola di donna, corpo di donna: antologia di scrittrici arabe contemporanee (a cura di V. Colombo), Milano, Piccola Biblioteca Oscar Mondadori, 2005, pp. 127-133.

Le pannocchie, in Figli del Nilo. Undici scrittori egiziani si raccontano (a cura di F. Prevedello), Messina, Mesogea, 2006, pp. 89-98.

Tutta quella bella voce che le viene da dentro, in Lo specchio degli occhi: le donne arabe si raccontano (a cura di Younis Tawfik), Torino, Ananke, 1998, pp. 99-108.

Un’occasione per essere felici (trad. di S. Scalenghe), in Silenzi. Storie dal mondo arabo (a cura di I. Camera d’Afflitto), Cava de’ Tirreni, Avigliano Editore, 1999, pp. 27-34.

Zynat al funerale del Presidente (trad. di E. Bartuli), in Rose del Cairo (a cura di E. Bartuli), Roma, Edizioni e/o, 2001, pp. 28-42.

 

 

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